Dal giorno delle dimissioni di Raffaele Lombardo da governatore della Regione Siciliana è stata una musica in crescendo, quella dei nomi dei possibili successori alla poltrona più ambita dell’Isola. Il balletto continua e continuerà sino alla presentazione delle liste del cosiddetti raggruppamenti politici, non più “partiti” da tempo. Strategie e tattiche di chi tira le fila degli aspiranti al trono sono sofisticate: l’apparire di questo o quel nome non è una sorta di sondaggio mirato a scoprire le reazioni dell’elettorato, che resta comunque fuori dal gioco, ma serve per capire come possono accogliere quelli che contano al di là dello Stretto, nella Capitale cioè, il “cambiamento” che si verificherà fra qualche mese con il nuovo governo.
I governi che si sono succeduti nei decenni nella Sicilia autonomista non sono mai stati “autonomi”. La Sicilia è stata sempre indicata come eccezionale “laboratorio politico”. Noi diciamo meglio: la Sicilia è stata sempre una “cavia” sulla quale sperimentare tutte le formule per studiarne i risultati e stabilire, dopo, cosa applicare nella realtà di governo nazionale. Il governo di Raffaele Lombardo, con tutte le sperimentazioni notate, e le stesse dimissioni anticipate, a nostro avviso, ne costituisce una prova-provata, così come la stessa elezione a sindaco di Palermo di Leoluca Orlando. Non ci meraviglieremmo, per esempio, se, all’ultima nota del balletto siciliano, venissero fuori nomi come quello di Salvo Andò o di Enzo Bianco, per citare due politici di spessore, sui quali potrebbero confluire interessi politici contrastanti…
Noi vediamo l’attuale realtà siciliana con la sensazione del “dèjà vu”, del “già visto”, anche se non accaduto, e con alcune convinzioni radicate, che possono comunque anche essere errate.
Siamo convinti che i giochi sono chiusi, nella linea generale:
- La Regione non può avere un governatore che provenga dalla Sicilia orientale, dopo l’esperienza di Raffaele Lombardo. Alla Sicilia orientale “forse” – ma non è detto – potrà toccare il presidente dell’Assemblea. Se i conti sono questi, tutto il resto è caduco, anche se la lotta per conquistare un posto di “deputato” sarà dura e spietata.
- L’elettorato “libero” è ininfluente, non determina l’elezione di questo o quel candidato, comunque “imposto” dai raggruppamenti politici, e non “scelto”. Una forte presenza alle urne di questo tipo di elettorato non riuscirebbe a incidere nel quadro generale.
- L’elettorato “vitale” è quello che proviene dalle varie segreterie politiche. Se pure oggi è fluttuante, alla fine seguirà le indicazioni dei leader: questo è l’elettorato che determina un deputato.
- L’astensionismo porta acqua al mulino delle segreterie.
Se il panorama è questo indicato, si spiega il perché i leader dei raggruppamenti hanno ritenuto opportuno trascorrere il santa pace il periodo di agosto (chi al mare, chi in montagna, chi all’estero) e non affannarsi: per costoro la situazione non è critica, ma facilita il gioco dei compromessi, il gioco del dare e dell’avere. Chi si affanna è il candidato che vuole essere messo in lista e che, al momento, dai leader non ha alcuna assicurazione: questo è il gioco di tenere il candidato in tensione e in fibrillazione fino all’istante della presentazione delle liste.
Evidentemente il mosaico che si sta costruendo non apparirà completamente prima di metà di settembre. C’è, infatti, da tenere in grande considerazione le intenzioni che hanno per la Sicilia non soltanto i leader nazionali, ma pure il Professore Monti, l’ultimo che ha parlato con Raffaele Lombardo del quale si sconoscono i progetti.
Attualmente i tasselli del mosaico sono sparsi, ma ci sono tutti sul tavolo. La Sicilia avrà sicuramente il suo “8 Settembre”: si incominceranno a intravedere vincitori e vinti, voltagabbana e lealisti. La trasversalità la farà da padrone.
Salvo Barbagallo